Ora è ufficiale, il Cagliari ha esonerato Zeman. Decisiva (ma mica tanto) la sconfitta interna contro la Juventus, il culmine di una stagione da 0 vittorie casalinghe, exploit casuali in trasferta e la solita discontinuità: un mix che ha portato i sardi in zona retrocessione. Una mossa giusta esonerarlo? L’opinione pubblica è spaccata tra chi sostiene che un’idea (questo è Zeman) debba essere coerente fino alla fine e chi pensa che per il bene del Cagliari questa sia la soluzione migliore. E in effetti la rosa rossoblù non è da serie B. Ma questo è l’ennesimo fallimento del boemo: si può dire? O si rischia di essere tacciati come non amanti del calcio?

Esonero numero 10 di una carriera di pochi alti (Foggia, Pescara) e tanti, troppi bassi, nella quale il merito è stato sicuramente quello di lanciare alcuni talenti e di produrre spettacolo, anche se troppo spesso per gli avversari che venivano affrontati e che si trovavano davanti praterie inabitate da difensori. E se negli anni ’90 il calcio zemaniano poteva rappresentare una variante rivoluzionaria e sostenibile (seppur con un sacrificio fisico enorme dei calciatori), col passare del tempo e con l’evolversi del calcio, Zeman ha avuto la presunzione di non cambiare, di restare ancorato ad una filosofia che è diventata controproducente. Già, una filosofia: ma anche la filosofia vera e propria ha bisogno di rinnovarsi per non essere superata da nuove correnti di pensiero. E invece il rivoluzionario Zeman è rimasto sempre uguale, con pregi e difetti. Solo che il calcio moderno ha terribilmente ampliato i difetti di un gioco adatto forse a categorie inferiori, dove la vittoria può essere sacrificata per la crescita dei singoli calciatori: e non si può dire che Zeman non ne abbia lanciati. Ma non è il solo, questo è il punto. Zeman ha sempre goduto di un credito eccessivo presso molta stampa e addetti ai lavori. Solo per fare un esempio attuale, durante questa stagione una vittoria del Cagliari veniva sempre celebrata come una grande impresa, come l’ennesima dimostrazione della bontà del “prodotto Zeman”; nessuna copertina invece per una squadra come l’Empoli, fatta di tantissimi giovani italiani e che sta giocando un ottimo campionato, allenata da un tecnico coraggioso come Sarri.

Perché tanta stima incondizionata allora? Semplice, perché Zeman è un personaggio. La sua carriera non è stata solo calcio spettacolare, ma accuse ad altre squadre, posizioni spesso controcorrente, teorie su fantomatici sistemi che avrebbero osteggiato la sua ascesa verso club come il Barcellona. Un personaggio così fa comodo, ecco perché spesso e volentieri è stato giustificato. Durante l’ultima sua apparizione però, è stato lui stesso a disattendere il suo credo: si è adeguato all’avversario, lasciando interdetto anche chi l’aveva sempre difeso. L’umiltà però sembra essere arrivata troppo tardi: forse sarà questo l’unico rimpianto dell’uomo venuto da lontano e che il calcio ha salvato dalla guerra. E’ finita un’era? Semmai bisognerebbe chiedersi se sia mai cominciata e nel frattempo capire che forse il posto di Zeman non è più ad alti livelli, ma magari a valorizzare giovani, quando ancora ciò che conta non è la vittoria, ma quel pizzico di sana follia che sicuramente non gli manca.

Twitter: @marcobonomo19