Togliamoci il cappello. L’ha già fatto Klopp dinnanzi alla tifoseria del Borussia Dortmund, la squadra che allena ormai da tanti anni, e figuratamente dovrebbe farlo tutta l’Italia. I gialloneri in Champions stanno collezionando successi, anche di una certa importanza, ma in campionato hanno steccato già troppe volte, tanto da arrivare la scorsa settimana ad essere ultimi in classifica. Eppure il pubblico non si è scoraggiato: ha accolto i ragazzi di Klopp come eroi, nonostante la posizione deficitaria di classifica, e li ha spinti con un tifo incessante alla vittoria contro il Borussia Moenchengladbach sabato scorso.
Una dimostrazione di fedeltà. Una lezione di tifo: nessun fischio, nè dimostrazione di insofferenza: la squadra va sostenuta indipendentemente dalla posizione di classifica. Jurgen Klopp si è tolto il cappello, quasi commosso davanti ad un amore così forte.
Per il calcio italiano può essere una lezione: nessuno ha chiesto ai calciatori di togliere la maglia, nessun fischio nel riscaldamento né insulto. Solo tanto tifo, dall’inizio alla fine. Perché una squadra che viene da 4 sconfitte consecutive ha bisogno più di un applauso d’incoraggiamento che di un fischio preventivo. Perché essere tifosi non vuol dire solo esultare quando le cose vanno bene e contestare quando vanno meno bene. Sulla barca di Klopp c’è anche un muro giallo, e magari le cose cambieranno. Perché i tifosi nel calcio contano. Soprattutto se sono così belli.