Da quel fatidico 20 maggio 2014, il giorno in cui a suon di rilanci Gianluca Paparesta acquistava quello che rimaneva del Bari dell’ex patron Matarrese, tutti in un modo o nell’altro si sono chiesti chi abbia garantito all’ex arbitro una così ingente somma di denaro. Perché conti alla mano, nessun arbitro al mondo sarebbe in grado di acquistare una società di calcio, seppur ad una cifra relativamente bassa come quella a cui è stato aggiudicato il Bari e nonostante la grande carriera su cui ha potuto contare lo stesso Paparesta. Non a caso per molto tempo si era parlato di società irlandesi o turche alla spalle del personaggio barese. Ma evidentemente da un po’ di tempo a questa parte la stessa domanda deve essersela posta anche la Procura di Bari che dal 12 febbraio 2015 sta portando avanti un’inchiesta segreta per cercare di capire chi ci sia dietro l’attuale numero uno della società biancorossa e come sia stato possibile per il barese mettere insieme i fondi necessari per concludere l’operazione.
Secondo il Corriere del Mezzogiorno l’inchiesta, guidata dal procuratore aggiunto Anna Maria Tosto, sarebbe partita lo scorso febbraio, quando la Guardia di Finanza irrompeva nella sede del club biancorosso per cercare di reperire la documentazione necessaria al chiarimento della vicenda. In particolar modo l’obiettivo della Procura era quello di appurare se ci fosse stata o meno l’influenza decisiva di alcune società nella trattativa.
Paparesta ha acquistato il Bari il 20 maggio del 2014 alla cifra di 4,8 milioni di euro. In quel momento secondo il Corriere l’ex arbitro poteva contare su soli 2,8 milioni di euro, una somma in grado di coprire la cauzione ma non sufficiente per completare l’intera operazione, visto che di lì a tre giorni Paparesta sarebbe stato chiamato a presentare al notaio altri 6,8 milioni di euro, tra soldi per coprire i debiti maturati dalla dirigenza precedente (3 milioni) ed i restanti 3,8 necessari per concludere l’acquisto del club.
Ed è in questo momento che l’apporto delle società al centro dell’inchiesta sarebbe divento decisivo per il completamento dell’operazione. I soldi mancanti sarebbero infatti arrivati con una tempestività che avrebbe fatto storcere il naso alla Procura. Il 14 maggio Paparesta avrebbe stipulato un contratto con la Nsa, una società che si occupa di cartellonistica negli stadi e con l’Hd Power light, società dedita al facchinaggio, che avrebbero portato nelle casse 150 mila e 200 mila euro al 20 maggio. E sempre il 20 maggio si sarebbe verificata la corrispondenza da parte della Mp&Silva, società irlandese che gestisce i diritti televisivi esteri della Lega calcio di ben 2 milioni e mezzo di euro. E poi ci sarebbe anche la Infront, che al Bari avrebbe corrisposto bonifici di 2.135.000 euro al 22 maggio e di 1.220.000 euro al 23 maggio, a cui si andavano ad aggiungere gli 800 mila euro provenienti dalla società addetta alla vendita dei biglietti Bet Union Spa. In questo modo Paparesta al 23 maggio sarebbe riuscito ad avere in tasca la cifra necessaria per concludere l’affare.
Ma se da una parte ad impensierire Procura, stampa e tifosi c’è il dubbio su chi abbia fornito i soldi a Paparesta, dall’altra ci si domanda quali personaggi del mondo del calcio ci siano dietro alla vicenda. Perché transizioni economiche alla mano ad aver ricoperto un ruolo decisivo nella trattativa sembra essere stata proprio la Infront, la stessa società svizzera legata per vie traverse a Galliani ma soprattutto a Lotito. E ad aggiungere dubbi sulla vicenda hanno contribuito l’intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi, in cui Galigani parla di Lotito come proprietario di Lazio, Salernitana, Brescia, Bari e di Galliani come persona vicina alla società barese.
Tutto dunque sembrerebbe ruotare attorno alla loro posizione nei confronti della Infront, quella società privata che in pochissimi anni è riuscita a creare un sistema quasi orwelliano nell’intero pianeta calcio italiano, partendo dalla consulenza sulla cessione dei diritti tv, arrivando al controllo delle squadre di calcio attraverso l’acquisto a prezzi fuori mercato di tutti i diritti commerciali che le società non riuscivano a vendere ed alla sua presenza in cordate miranti l’acquisto di società in crisi, proprio quello che sembra si sia verificato nella vicenda Bari.
Galliani e Lotito sarebbero dunque vicini al Bari, il primo in quanto amministratore delegato del Milan, club seguito fortemente dalla Infront, il secondo anche alla luce della telefonata indirizzata a Iodice di qualche tempo fa, in cui oltre a parlare del presunto disastro economico a cui sarebbe andata incontro la Serie A in caso di promozione di squadre come il Carpi (poi puntualmente promosso) si vantava della propria abilità nell’intercedere tra Lega e televisioni nelle trattative per la cessione dei diritti, un contesto in cui sulla carta la Infront dovrebbe farla da padrona e che non fa altro che aumentare i dubbi sul legame Infront-Lotito.
A ciò poi bisogna aggiungere che sia Lotito che Galliani l’estate scorsa erano stati i principali rappresentanti nonché sostenitori della cordata pro-Tavecchio e non è un caso che tutte le squadre in un modo o nell’altro legate alla Infront abbiano votato a favore della sua elezione alla presidenza della Federcalcio. E a questo punto non si può non domandarsi se la presunta influenza di Lotito non mirasse esclusivamente all’ottenimento del favore di Paparesta e dunque del Bari nei confronti di Tavecchio, anche alla luce del ruolo di spicco che lo stesso Lotito ricopre dal momento in cui Tavecchio è stato eletto.