LOGICO

Quando si parla di gioco d’azzardo pubblico e di nuovi casino online, sono tutti con le “orecchie diritte” per vedere se in qualsiasi dichiarazioni si possa ravvisare “qualcosa di storto” in relazione al settore. Tutti, o quasi, parlano male del gioco, della sua pubblicità, della sua presenza sul territorio e tutti dicono e dichiarano le loro impressioni e sensazioni: pensando bene, e non sempre ci si azzecca, di esprimersi nell’interesse della collettività, ma a volte lasciando spazio a dubbie interpretazioni che provocano, di conseguenza, strascichi di ogni sorta.

Così accade che l’associazione Logico, che assiste le concessionarie italiane di gioco online, interpretino una presa di posizione di un esponente del Pd in modo lesivo per le proprie assistite. In pratica, ciò su cui si disquisisce è la pubblicità al gioco il cui “divieto sarebbe utile a contrastare le associazioni criminali”: ergo, secondo Logico, che si possa intendere che le aziende di gioco che fanno pubblicità possono essere controllate dalla criminalità organizzata, e questo è del tutto non veritiero.

Onestamente, il gioco lascia spazi interpretativi in tutte le direzioni (comprese quelle normative) e bisognerebbe forse calibrare o studiare meglio le parole prima di renderle pubbliche, sopratutto se vengono esternate non da un comune mortale cittadino, ma da un soggetto che rappresenta uno schieramento politico poiché questo fa indubbiamente più “rumore” e crea più attenzione. L’associazione, quindi, richiede al parlamentare di “ritrattare ciò che è stato dichiarato” poiché offensivo per le “imprese per bene e legali” che operano nel settore ludico, impiegando ingenti capitali sul territorio, sforzi per una crescita tecnologica che possa garantire i propri utenti proteggendoli da truffe di siti illeciti, ed occupazione di tante risorse che altrimenti (grazie anche al Governo ed alle sue normative relative al lavoro) sarebbero ancora a spasso a cercare un luogo in cui collocarsi…

Logico, sottopone all’attenzione della “politica” dati oggettivi pubblicati dalla Nielsen da cui si può rilevare che le prime quindici aziende del settore del gioco per investimenti pubblicitari (i dati si riferiscono sino a novembre 2016) sono William Hill, Bet365, 888.it, Unibet, Bwin, Eurobet, Betfair, PokerStars, Lottomatica, Betsson, Tombola, PaddyPower, Snai, Sisal ed Intralot. Queste aziende hanno rappresentato il 92% della spesa per spot pubblicitari e sono queste le aziende che secondo questo schieramento politico (Pd) sarebbero colpite da un eventuale divieto pubblicitario. Sottolineando, anzi sottolineando due volte, che queste strutture non sono assolutamente collegate con casi di cronaca legati ad associazioni criminali.

Bisogna anche tenere ben presente che la pubblicità potrebbe significare garanzia di legalità ed orientare il giocatore, anche quello dei casino dal vivo, verso la “rete lecita” e, quindi, quella di cui “si può fidare poiché offre sicurezza”, avendo tutti i crismi del lecito, giochi protetti dalle certificazioni vigenti, sicurezza nelle vincite. Sarebbe un “viatico” per le piattaforme legali che così pubblicizzandosi avrebbero un arma in più nei confronti dell’illegalità: è lì sulle piattaforme “illecite” che si dovrebbe intervenire con “polso più duro” e senza rispetto di alcuno, seppur appartenente magari a gruppi di potenza mondiale.

Logico conclude, infine, che non esiste alcun nesso tra il divieto alla pubblicità ed il contrasto alle infiltrazioni malavitose. Le aziende che investono in pubblicità dimostrano, senza ombra di dubbio, di avere un modello societario trasparente, basando il proprio percorso aziendale in modo competitivo: non bisogna dimenticare che le attività di riciclaggio non hanno certamente bisogno di alcuna pubblicità TV.