Un simbolo di intere generazioni e di un’intera città, di una terra che ha saputo cullare e schiaffeggiare con i propri versi, un patrimonio incommensurabile per la musica italiana e mondiale. A monte dell’inappropriata quanto inutile e finta rivalità con Gigi D’Alessio, possiamo senz’altro dire che oggi se ne è andato l’ultimo vero menestrello partenopeo. Un cantore sincero, a volte ingiustamente considerato d’élite, che ha saputo entrare nei cuori di tutti noi, che ha saputo trasformare l’apparentemente ostile blues in un genere pseudo-popolare e funzionale alle sue storie, a volte anche banali, ma sempre efficaci. Napule è mille culure e Pino Daniele è riuscito a conquistarla in tutte le sue sfumature. Ha mostrato al mondo intero e con la buona musica il doppio volto della sua città, carta sporca, dove nisciun se ne importa e ognuno aspetta a ciorta, straordinaria come poche al mondo anche per le svariate contraddizioni che la caratterizzano e che forse gli stessi partenopei contribuiscono ad alimentare con quel misto di indifferenza e rassegnazione che solo appunto la ciorta, la fortuna, è in grado di sbloccare.
Troppe volte indebitamente considerato “cuore e voce di Napoli”, ingiustamente perché uno come lui non può appartenere esclusivamente a un qualcosa, in quanto è indivisibile e deve necessariamente fare parte della storia e della cultura del nostro Paese. Impossibile dimenticare un artista del suo calibro, specie se ci si è cresciuti insieme, trascinati dalle sue melodie inebrianti e coccolati dalle sue poesie. Napoli continuerà ad essere la stessa solo se avrà la capacità di continuare a vivere nel suo ricordo, per quanto toccante e commovente si riveli. Ed è questo che meriterebbe più di qualsiasi altra cosa, più di un giorno di lutto cittadino, più di una vittoria dell’amato Napoli e più di un affascinante San Paolo gremito e riconoscente, un Amore senza fine perchè ci fai impazzire.
Un artista vissuto senza le paranoie della classifica ma attraverso il divertimento e la voglia di lottare contro la sua malattia, che purtroppo oggi ce l’ha portato via, e di suonare su un palcoscenico quanto mai ricco di strumenti, ma con al centro quello più importante, la sua voce. Indistinguibile, stridula, acuta e flebile ma intrisa di significati ed emozioni da captare. Moderno come pochi, è stato capace di confrontarsi con una miriade di artisti, grandi e piccoli e appartenenti ai generi più svariati, anche il rap recentemente con Jovanotti, Clementino e Rocco Hunt, e da tutti ha saputo trarre qualcosa, una morale da applicare nelle sue musiche, nei suoi testi, nella sua carriera, nella sua vita e in quelli di tutti noi. Grazie Pino, a noi il blues ci è piaciuto e come, anzi ce piace e siamo sicuri che da qui sapremo strapparti un sorriso.
Vi lasciamo con questo ricordo delle 5 canzoni più belle di Pino Daniele dei nostri colleghi di Cultura.