La storia dello sport è stata scritta da uomini e donne che sono andati oltre i limiti del corpo umano. Oggi parliamo di sport estremi, fra questi vi è l’ultracycling, un’ estremizzazione del ciclismo. Un uomo e la sua bici, centinaia di chilometri da percorrere, gare oltre le venti ore, traversate in bicicletta, condizioni atmosferiche estreme. A tenere altra la bandiera italiana Omar di Felice che dopo una parentesi nel ciclismo professionistico è tornato alla sua azienda di grafica ma il “gene ciclistico” non è mai domo. Di giorno a lavoro e di notte in bici, allenamenti di dodici ore ed imprese in sella per le strade del mondo. Attraverso il suo sito www.ultracyclingman.com ed i social network tiene costantemente aggiornati i suoi tanti follower, sul finire di ogni impresa il suo sguardo è ancora rivolto all’orizzonte, verso una nuova sfida. La prossima è l’Italia east/west world record, il 26 Aprile.
Cosa si intende per ultracycling?
L’ultracycling inizia là dove finisce il ciclismo convenzionale e tradizionale. Tutto ciò che supera le otto ore in sella entra nella dimensione dell’ultracycling. Si tratta sia di avventure in solitaria sia di competizioni vere e proprie, andiamo dalle dodici alle ventiquattro ore di corsa, anche su più giorni. Ad esempio la Race across America, che è la competizione più dura al mondo, impegna per circa 9 giorni gli atleti, tutto il giorno,con soste e “micro-sonni” di massimo un’ora, qualcosa di veramente estremo. Si svolge in Nord America e si va coast to coast, dalla costa Ovest alla costa Est, quindi dal Pacifico all’Atlantico.
Però il tuo percorso comincia con il ciclismo tradizionale
Si, ho gareggiato in tutte le categorie. Ho cominciato a 14 anni come esordiente di primo anno proseguendo fino al professionismo. Sono stato un ciclista professionista per un anno e mezzo, prima con l’Amore e Vita e poi con il Team Nippo. Quando è finita questa esperienza ho deciso di dedicarmi a qualcosa di più estremo e mi sono dato all’ultracycling.
Gli allenamenti per l’ultracycling in cosa divergono rispetto al ciclismo su strada?
A livello di preparazione atletica e fisica i lavori specifici sono grosso modo gli stessi, quello che cambia è la durata. Se prima mi allenavo dalle quattro alle sei ore al giorno adesso mi alleno e resto in bici anche dodici ore. Si lavora molto anche sull’allenamento mentale allo sforzo, devi essere mentalmente pronto alle crisi che ci sono quando resti in sella per così tanto tempo.
C’è qualcosa a cui pensi in quei momenti di crisi?
Molte volte penso ai sacrifici che ho fatto. Quando arrivi a toccare il fondo e a vedere il tuo limite estremo è facile chiedersi “Perché lo faccio? Chi me lo fa fare? Non devo dimostrare nulla in fin dei conti”. Lì, invece, ti scatta qualcosa: pensi a tutte le ore passate in bici, i sacrifici, le sveglie nel cuore della notte, e ritrovi la motivazione.
Solo i sacrifici? Prim’ancora del sacrificio dovrebbe esserci una motivazione che ti porta a compierlo
Come per tutti gli sportivi si parte dall’ambizione, dalla voglia di arrivare e di dimostrare di poter arrivare a certi livelli. In Italia, negli ultimi due anni, sono stato l’ultracyclist con i risultati migliori. In questo momento l’obiettivo è la partecipazione alla Race across America con delle ambizioni per quanto concerne la classifica.
Per quanto concerne i materiali? Ci sono degli accorgimenti particolari per i componenti della bici e per l’abbigliamento?
Per andare a Capo Nord ho montato delle ruote chiodate e dei freni da ciclocross ma per il resto ho sempre cercato di mantenere il più possibile l’assetto da strada. Non ho cambiato la mia posizione in sella, ho mantenuto un telaio rigido e una posizione “corsaiola”. Nell’ultracycling si utilizzano sia bici da strada che bici da cronometro e bisogna abituare il fisico a stare per ore su entrambe. Per l’abbigliamento i problemi maggiori derivano dalle condizioni atmosferiche estreme, per il freddo, restando in sella di notte, bisogna coprirsi bene soprattutto quando cala la notte. Io ho utilizzato dell’abbigliamento termico con dei tessuti tecnici specifici e comodi da vestire che allo stesso tempo non fanno passare il freddo e il vento. Varia anche l’alimentazione, col freddo si prediligono i grassi, il fisico ne ha bisogno e durante la preparazione si lavora anche su questo, si abitua il metabolismo ad utilizzare i grassi.
Come fai a conciliare gli allenamenti con il lavoro?
L’ultracycling è anche riuscire a conciliare tutto. Faccio dei sacrifici: la mattina la sveglia suona molto presto, mi alleno in pausa pranzo piuttosto che la sera, a volte facciamo anche delle simulazioni notturne. Non è facile ma si chiama ultracycling proprio per questo