Li chiamano scherzi del destino. In realtà sono la cifra della nostra esistenza, costantemente in bilico tra gioia e dolore. Emozioni contrapposte, come quelle provate martedì da Edinson Volquez, lanciatore dominicano dei Kansas City Royals che in poche ore è passato dalle vertigini per l’esordio, alla veneranda età di 32, anni nelle World Series, la finalissima del campionato di baseball, al baratro per la scomparsa del padre Daniel, portato via a 63 anni da complicazioni cardiache poche ore prima dell’inizio della partita contro i New York Mets. Ma tutto questo Volquez ancora non lo sapeva.
Il lanciatore è una figura cardine del gioco del baseball. È l’uomo solitario, in piedi sul monte, che deve fermare le orde di battitori avversarie con la forza del proprio del braccio e la saldezza del proprio animo. L’importante è non scomporsi mai durante gli inning in cui spesso si va su e giù proprio come sulle montagne russe.
Per questo motivo la moglie di Volquez ha deciso di evitare che il marito apprendesse la notizia prima dell’inizio della partita. Lo staff dei Royals, travolto dall’emozione, è stato in dubbio per molto tempo se rivelare o meno la notizia, diffusasi sui social network e poi dilagata in pochi minuti, allertando nel frattempo Chris Young, il lanciatore che nel caso lo avrebbe sostituito.
Volquez ignaro del dramma che si era appena consumato, come fosse un personaggio uscito da una tragedia di Euripide, si preparava alla partita. È sceso negli spogliatoi, si è cambiato, è andato nel bullpen a riscaldarsi. Ha ascoltato Star spangled banner, ed è salito sul monte. Non è stata una partita faicle; è andato sotto, colpito da un home run di Curtis Granderson, ma non si è arreso lasciando il lavoro al sesto inning con le squadre in parità.
Ned Yost, l’allenatore dei Royals è salito sul monte, avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli quanto era orgoglioso di lui, invece si è dovuto limitare a sussurargli: «Il tuo compito per oggi è finito». Poi il rientro negli spogliatoi e il cuore che si spacca.
Intanto i Royals erano risusciti ad acciuffare il match per i capelli pareggiando i conti con un fuoricampo di Alex Gordon proprio all’ultima ripresa, mandando il match agli inning di spareggio. Al 14esimo nemmeno Ned Yost ce l’ha fatta più, troppo forte il carico di emozioni della serata. Ha radunato la squadra, che era inconsapevole della notizia, e ha detto loro: «Vinciamola per Volquez».
Hosmer ha battuto una palla lunga e alta. L’esterno dei Mets l’ha presa lanciandola verso casa base ma nel frattempo Escobar ha corso più veloce che poteva, segnando il punto del 5-4, quello della vittoria. Gli americani chiamano questo gioco sacrifice-fly (il battitore viene eliminato ma permette ad un corridore di segnare). Ecco il video.
Sacrifici, come quelli fatti da un padre, umile meccanico della Repubblica Dominicana, che all’età di 10 anni ha avviato il proprio ragazzo al baseball, non sapendo che il giorno più bello della carriera del figlio non sarebbe stato lì a guardarlo.
Alcides Escobar alla fine della partita ha scritto un messaggio di condoglianze a Volquez che immediatamente gli ha risposto: «Grazie a voi per aver vinto la partita per me». Anche Daniel, dovunque egli sia, ne sarà stato felice.