Il mondo dello sport è pieno di figli che hanno deciso seguire le orme dei padri, di avere successo in quello stesso sport che ha reso grande il beniamino di famiglia. Non tutti i figli d’arte, però, sono come Paolo Maldini che con una carriera da far invidia a chiunque ha superato di gran lunga il padre Cesare. Una dinastia di calciatori che potrebbe toccare addirittura tre generazioni consecutive: Christian, classe 1996, figlio di Paolo, milita nelle giovanili del Milan e già in qualche occasione è stato aggregato alla prima squadra e presto potrebbe debuttare nella massima serie.
La dura legge del calcio, però, non è mai stata troppo tenera con chi portava sulle spalle un cognome troppo pesante, un cognome che trascinava con sé più oneri che onori, un cognome che qualcuno avrebbe voluto scucirsi di dosso.
Prendiamo, ad esempio, un figlio che oltre ad avere il cognome del padre ne ha anche il nome, Diego Armando Maradona Junior. Figlio di una “scappatella” del Pibe de Oro nei suoi anni a Napoli e riconosciuto solo nel 2007 grazie ad una madre combattiva, Diego Jr. è passato da promessa, negli anni in cui militava nelle giovanili del Napoli e nella primavera del Genoa, a pellegrino del calcio tra la partecipazione al reality show Campioni, un’avventura nel beach soccer (dove gioca anche nella nazionale) e tanta Eccellenza campana.
Anche all’estero ci sono casi interessanti sul fenomeno “figli di”. Johan Cruijff, ad esempio, non ha bisogno di presentazioni. Fu l’interprete più emblematico del cosiddetto calcio totale dell’Olanda anni ‘70. Provare a fare il calciatore con un padre così deve essere una scelta da folli. Jordi, però, non ha voluto lasciare nulla di intentato e, con più ombre che luci, alla fine ce l’ha fatta. Classe 1974, ha giocato con Barcellona, Manchester United e Alaves, fino a concludere la sua carriera nell’Espanyol, senza, però, avvicinarsi ai livelli del padre.
Uscendo dal mondo del calcio, tutti si ricorderanno Gilles e Jacques Villeneuve, un cognome glorioso della Formula Uno interpretato in modi diversi da due campioni. Il padre, una leggenda per le imprese impossibili, sprezzanti del pericolo e di qualsiasi legge della fisica, quando al volante della Ferrari regalava sogni: la sua tragica scomparsa a Zolder nel 1982 ha troncato una breve carriera che avrebbe meritato altri successi. Il figlio Jacques si è visto piombare addosso l’incombenza di completare il percorso della dinastia. La vittoria con la Williams nel 1997 ha scolpito il suo cognome nell’albo d’oro del mondiale piloti. La riconciliazione con suo padre arriva nel 2012 quando a Fiorano Jacques decide di onorarlo guidando la sua Ferrari 312 T4.
Un’altra storia appassionante è quella di Muhammad Ali e della figlia Laila. Chi non si ricorda la celebre frase “Vola come una farfalla e pungi come un’ape”. Deve essere stato questo l’insegnamento impartito alla giovane Laila, classe 1977. Indomita e quasi irriverente nel raccogliere una delle eredità più pesanti della storia dello sport, la settima ed ultima figlia del grande Cassius Clay cominciò a combattere nel 1999, macinando una straordinaria carriera, condita da 24 successi, di cui 21 per KO. Ha chiuso imbattuta la sua escalation nella boxe e ora è nel mondo dello spettacolo.
Finiamo con un ultimo tuffo nel calcio. Bebeto, brasiliano campione del mondo nel 1994 che vinse in finale proprio contro l’Italia. Ricordate il suo gesto della culla dopo ogni rete durante quel mondiale americano? Era proprio ad omaggiare Matheus, il figlio appena nato. Oggi gioca nel Flamengo, un centrocampista di cui si fa un gran parlare anche in Europa. L’augurio è che possa scrollarsi il fardello pesante che accompagna il suo cognome: il dribbling più importante deve farlo lui.