Non sono ancora partite le indagini della Procura di Rimini che ha clamorosamente riaperto il caso su Marco Pantani, dieci anni dopo la morte del corridore romagnolo, vincitore del Giro d’Italia e del Tour de France nel 1998. Secondo le tesi avvalorate dall’avvocato De Rensis, il Pirata non si suicidò ma sarebbe stato aggredito da due uomini nella sua stanza d’albergo dove risiedeva da cinque giorni, poi costretto a bere mezza bottiglia d’acqua mescolata con cocaina. Di lì, l’inevitabile overdose e quindi successivamente la morte.
Le indagini svolte dieci anni fa sono state pessime e a dimostrarlo sono alcune dichiarazioni di testimoni, non ascoltati nelle ore successive al decesso di Pantani. Uno di questi è stato ieri intervistato da Sky: si chiama Marco (come il Pirata) e alloggiava nel residence Le Rose, proprio di fronte alla camera del ciclista. Insieme a lui c’era anche sua madre che invece stava soggiornando nella camera adiacente a quella di Pantani. Il testimone, ma anche la madre, sentita incredibilmente soltanto recentemente, ha negato ogni tipo di trambusto che avvenne il 14 febbraio nella stanza del campione di Cesenatico smentendo categoricamente gli atti ufficiali che parlano di un Pantani delirante che prima di morire avesse messo a soqquadro la stanza.
Ancora un buco per delle indagini condotte malissimo e che non hanno dato alcuna certezza ai familiari, agli instancabili mamma Tonina e papà Paolo, e ai suoi accaniti sostenitori. Adesso ci sono degli elementi su cui lavorare, vogliamo sapere cosa è successo realmente a Pantani in quel maledetto giorno di San Valentino. La verità ce la meriteremmo tutti ma soprattutto lui, che in questo momento non può più difendersi dopo aver ricevuto attacchi ed angherie per lunghi tratti della sua carriera.