Ci eravamo salutati quattro anni fa, in Sudafrica, con Simone Pepe che falliva un gol facile facile per mano della Slovacchia e l’eliminazione al primo turno in un girone dal valore “rionale”. Ci ritroviamo quattro anni dopo, in Brasile, con un altro incrocio decisivo nel terzo match del girone: oggi pomeriggio a Natal sarà Italia-Uruguay. Gli Azzurri hanno due risultati su tre, per accedere agli Ottavi e allontanare di almeno qualche giorno l’ultima prova di Andrea Pirlo in Nazionale.
«Su, professore, ce ne racconti un’altra, non si fermi qui. Andrea Pirlo e l’Azzurro non meritano un addio solitario, triste y final. La conclusione del tema da 10 e lode è già scritta da tempo, ma non ora, non oggi. 111 presenze e 13 reti, un Mondiale vinto, un argento europeo e un bronzo in Confederations Cup meritano un sipario migliore di un caldo pomeriggio di giugno: l’addio alla maglia l’hai deciso già tu, Professore, comunque vada la spedizione brasiliana. 35 primavere sono tante per tirare la carretta su più fronti, meglio lasciare all’apice, come fanno i big: anche perchè, come hai detto con sincerità, fare panchina a un giovane ti farebbe inc….arrabbiare, insomma. Siamo passati in pochi giorni da Fratelli d’Italia, vincenti e convincenti contro l’Inghilterra, a Brandelli d’Italia, a pezzi e senza idee contro la Costarica.
In medio stat virtus, si dice: in mezzo al campo c’è Andrea Pirlo, il nostro Von Karajan, è pronto a pennellare per Balotelli e Immobile, a dipingere traiettorie, ma anche a caricarsi sulle spalle la squadra come il più umile degli artisti. Se Gigi Buffon è il leader a tutti gli effetti, Pirlo è il leader muto, la calamita in campo perché è a lui che tocca dare ossigeno e idee al nostro gioco. Da quando, 12 anni fa, Giovanni Trapattoni lo tenne a battesimo a Baku, in Azerbaijan, in una notte con i profumi dell’ Asia, il suo ruolo in azzurro è diventato centrale, esattamente come lo è stato nel Milan di Ancelotti e nella Juve di Conte. Da piccolo si racconta che nelle giovanili del Brescia non gli passassero la palla perchè era troppo bravo rispetto agli altri. Da allora la palla transita nei suoi piedi come calamitata dalla sua classe. E allora, non può fermarsi tutto in un pomeriggio brasiliano. Si gioca a Natal, parola che evoca l’Epifania, l’annunciazione-sebbene in questo caso pagana-di una rinascita: e allora, Professore, ce ne racconti un’altra e spinga la notte un pò più in là».