Viviamo un momento storico in cui le federazioni dovrebbero contribuire nel lanciare un segnale forte contro quelle che sono le malattie sociali del calcio, sta accadendo per la UEFA che ha aperto un’inchiesta contro la tifoseria organizzata del Feyenoord, ma ci auguriamo cambi qualcosa anche più lontano da Rotterdam, precisamente in Qatar dove nel 2022 come di recente è stato confermato, andrà in scena la coppa del Mondo. Il background della faccenda è piuttosto semplice quanto raccapricciante da spiegare: milioni di operai per lo più migranti provenienti da Bangladesh, Nepal e India, vengono sfruttati ed impiegati nella sempre più frenetica costruzione di stadi e di spazi urbani che saranno dedicati al fatidico evento, dando vita ad un orribile spettacolo di morti bianche sempre più frequenti.

Uno dei motivi sarebbe una delle più classiche pratiche di sfruttamento lavorativo che riguarda gli immigrati, in cui una volta arrivati in Qatar perdono ogni diritto e così sono costretti a lavorare in condizioni climatiche impossibili senza poter sporgere denuncia, pena il rimpatrio. Nel 2014 i lavoratori migranti del Nepal ad esempio,sono morti nei cantieri con una media uno ogni due giorni, sollevando come è facile da immaginare tutta l’indignazione delle associazioni umanitarie. Amnesty International su tutte aveva redatto una relazione in cui esprimeva tutto il suo dissenso riguardo le condizioni ritenute dall’organizzazione disumane sollecitando i provvedimenti della FIFA, ma il presidente Blatter durante una visita in Sri Lanka aveva dichiarato “Le condizioni in cui lavorano gli operai impegnati nella costruzione degli impianti di Qatar 2022 non è responsabilità della FIFA, ma delle imprese”.

A questo punto ci chiediamo perché questa indifferenza da parte della FIFA, come se questo scempio non riguardasse la federazione calcistica più importante? Anche il The Guardian se lo chiede e pubblica un’inchiesta a puntate in cui denuncia le precarie condizioni di lavoro, la baraccopoli dove i suddetti migranti riposerebbero tra un turno e l’altro e gli stipendi che seppur vergognosamente bassi (1 euro all’ora), verrebbero pagati addirittura con un anno di ritardo. Una situazione paradossale, come la reazione della FIFA dopo le denuncie di Amnesty International e del quotidiano inglese, infatti la federazione fa un enorme passo indietro: nonostante Blatter e la commissione della FIFA continui a discutere con l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani sul normale svolgimento dei lavori, il vicepresidente Jim Boyce si è dichiarato costernato e ha promesso di intervenire direttamente. Episodi non chiari e con un onnipresente alone di mistero, un po’ come i fatti che hanno coinvolto il capo della federazione asiatica Mohammed Bin Hammam, accusato di aver distribuito mazzette al fine di accaparrare voti per il Qatar come candidato per i Mondiali.

Ogni mega evento sportivo, ormai, è circondato da un personalizzato lato oscuro che incombe sempre più preoccupante sulle spalle di chi a volte dà anche la vita per far si che si possano svolgere. Adesso tocca al Qatar, prima è toccato al Sud Africa, poi al Brasile, ma c’è ancora tempo prima del 2022, il che basterebbe per un intervento finalmente deciso della FIFA mentre i diritti umani cadono come le tessere del domino, noi aspettiamo.