Per Giuseppe e tutta la combriccola del bar l’estate finiva il giorno dell’asta del fantacalcio. Oramai era così da tanti anni. Il mare, la spiaggia, le donne in bikini diventavano d’improvviso un lontano ricordo e lasciavano spazio alla birra gelata e alla Gazzetta dello Sport con le quotazioni dei calciatori.
Giuseppe, da troppe stagioni, il giorno dell’asta era il più bersagliato dagli sfottò. In classifica si piazzava sempre nelle ultime posizioni, spesso e volentieri per sfortuna. Con lui anche un centravanti di razza come Batistuta, diventava prolifico quanto Calloni, ‘lo sciagurato Egidio‘, famoso per le clamorose imprecisioni sottorete.
Eppure Giuseppe il calcio lo masticava come pochi. Difficilmente i giocatori si perdevano nei meandri della sua memoria; ricordava le formazioni più celebri della storia del calcio, l’albo d’oro della Coppa dei Campioni e dei Mondiali. Era smosso da una grande curiosità per tutto ciò che succedeva nei rettangoli verdi d’ogni angolo del pianeta, ma per qualche strana macchinazione del destino il fantacalcio era per lui un tabù.
Quel giorno lo scenario era lo stesso di sempre: tutti riuniti attorno al tavolo pieno di fogli, penne, giornali e birra. Ognuno aveva la sua strategia e i suoi obiettivi di mercato: segreti che con l’aumentare dei bicchieri diventavano ben presto di dominio pubblico.
Il povero Giuseppe andava in confusione col reparto attaccanti, quando l’asta entrava nel clou. Per Pasolini il capocannoniere era il miglior poeta dell’anno: su chi doveva scommettere quella stagione? Prese il bicchiere, fissò le bollicine e si perse negli archivi impolverati della storia del calcio.
Avrebbe speso buona parte dei suoi fantacrediti per Marco Van Basten, ‘il cigno di Utrecht‘, probabilmente il più grande centravanti della storia del calcio: tre volte Pallone d’Oro, capocannoniere nell’Europeo del 1988 con quel gol strabiliante all’Urss.
All’olandese avrebbe affiancato colui che mise l’Argentina sulla mappa del calcio mondiale: Mario Kempes, seconda punta ma all’occorrenza anche centravanti. Nella finale del Mondiale del ’78 rifilò una doppietta all’Olanda e nella cerimonia di premiazione fu l’unico giocatore a non salutare il generale Videla per le vicende dei desaparecidos.
Per completare il reparto, senza dimenticare Silvio Piola (primo marcatore in Serie A con 274 reti) e ‘il pompiere‘ Gunnar Nordhal (225 gol in A di cui 210 con il Milan), Giuseppe avrebbe voluto con sé Gerd Muller. Non era il classico centravanti dotato di fisicità e potenza come ‘Rombo di Tuono‘ Gigi Riva. Era un cacciatore rapace di gol, un maestro negli agguati ai difensori, era ‘der bomber‘ che si materializzava improvvisamente nel momento della verità (fece il gol del 2-1 in Germania Ovest-Olanda, finale del Mondiale 1974).
Con questi numeri 9 avrebbe sbaragliato la concorrenza, sarebbe stato un pullulare di +3.
Giuseppe strabuzzò gli occhi e ritornò alla triste realtà della Serie A 2013-2014. Sfogliò la lista degli attaccanti, alla disperata ricerca del futuro capocannoniere. Si sentì perso.
Prese la bottiglia e si versò da bere.