Un Paese martoriato, dilaniato dalla guerra civile e dagli attentati terroristici, sta provando a rinascere attraverso lo sport. Si tratta della Siria, la cui nazionale di calcio continua nell’insperato sogno di qualificarsi alla fase finale dei prossimi Campionati Mondiali di Russia 2018.
Proprio così: sembra incredibile da credere, eppure in quel piccolo territorio del Medio Oriente che ha conosciuto negli ultimi anni oltre quattrocentomila vittime (quelle accertate), ben trentotto delle quali giocatori, il calcio sta assumendo i contorni di un’uscita dal tunnel.
Il bellissimo epilogo arriva a margine della gara contro l’Iran, valida per uno dei due raggruppamenti della zona Asia: la nazionale del Medio Oriente, già qualificata, è in vantaggio per 2-1, ma al 93′ minuti arriva il pareggio siriano che fa esplodere i propri tifosi.
È terzo posto a pari punti con l’Uzbekistan (già qualificata la Corea del Sud), ma grazie alla miglior differenza reti è proprio la Siria a meritarsi l’agognata promozione: arriverà un turno di play off, previsto il prossimo 5 ottobre, contro la nazionale australiana. Sarà un’impresa, dal momento che è proprio quest’ultima a partire con i favori del pronostico, ma è un popolo intero, e con esso tutti quelli Stati che pregano affinché possa nascere un periodo di pasce al suo interno, a sospingere ciascun elemento della rosa.
Non sarà tuttavia l’unico ostacolo a dover superare la Siria: qualora riuscisse a battere i rappresentanti della terra dei canguri, ecco pronta la quarta classificata della Concacaf, la confederazione del Nord-Centro America e Isole caraibiche.
E pensare che, in tutti gli incontri disputati negli ultimi due anni, la Siria non ha mai disputato una partita in casa (soltanto in campo neutro) e per giunta il commissario tecnico è stato chiamato a selezionare soltanto giocatori fedeli al regime di Bashar al Assad (solo recentemente è tornato in squadra un giocatore presunto oppositore del regime, l’attaccante Firas al Khatib).