Boca Juniors-River Plate. Detta così sembra una normale partita di calcio, nella quale ci sono dei giocatori in campo, che tirano un pallone, vanno in rete, esultano ed entrano negli spogliatoi festanti. Ma il calcio, lo sport più bello e amato del mondo, regala emozioni che, rapportate a una sfera rotolante in un prato verde, non sono mai facili da raccontare per intero. In Argentina, una delle patrie del Football, il “Superclasico”, nemmeno paragonabile al “Clasico” spagnolo tra Barcellona e Real Madrid, è ormai un fenomeno che contagia tutta la nazione, o quasi, da moltissimi anni a questa parte.

Nell’aprile del 2004, pensate, il periodico britannico The Observer ha stilato una lista delle 50 cose sportive da fare prima di morire, e vedere il “Superclasico” era al primo posto. L’ultimo atto tra “Xeneizes” e “Millonarios” si è “consumato” domenica scorsa alla “Bombonera” di Buenos Aires. La casa del Boca, dei gialloblu, per una notte teatro di una sfida che si annovera tra le più sentite dell’intero panorama calcistico del globo. Coreografia mozzafiato, pubblico delle grandi occasioni e una notte, stellata, dal significato particolare, dove brillano dei corpi celesti su quel manto erboso che ha “visto” molti match al limite del cardiopalma. La gara, così, tra un baccano assurdo, ma senza la presenza dei supporter della “Banda”, inizia e vede due formazioni cominciare a giocare con 34 quintali di tensione addosso.

Segna il River con Lanzini e la “Bombonera”, che fino a quel momento scandiva i propri cori come se non ci fosse un domani, ammutolisce, lasciando spazio alle grida di gioia dei calciatori biancorossi che stridono dinanzi a quel silenzio tombale. Pareggia Riquelme, con una parabola incredibile che sbatte sulla traversa prima di entrare in rete, con i tifosi di casa che iniziano nuovamente a cantare, gioire e, addirittura, piangere, forse perché sanno in anticipo il finale di gara. Già, al minuto 86, un certo Ramiro Funes Mori, fratello del più celebre Rogelio (attaccante in forza al Benfica) pensa bene di incocciare un traversone invitante e di battere per la seconda volta un Oriòn incredulo; è il 2-1 definitivo che consegna il “Superclasico” al River Plate.

Superclasico, una partita di calcio che ferma l’Argentina

Una storia incredibile per il difensore argentino, spesso criticato per le sue non eccelse prestazioni e che, sorprendentemente, si prende una rivincita che entrerà nella storia e che lo farà diventare un “Re Mida” per “l’Hinchada”, la curva del River. Il “Superclasico”, così, termina qui: tra la gioia immensa di tutto il popolo riverplatense, felicissimo come quando un bambino riceve per la prima volta come regalo il personaggio dei cartoni animati preferito. Si, era dal lontano 2004 che il River non espugnava la “Bombonera”. Dopo quel giorno fantastico il glorioso club conobbe la delusione per la retrocessione in B, la forza per risalire la china e, adesso, dopo circa 3650 giorni, l’onta dell’eccitazione per il “partidazo” portato a casa. Forse è un premio meritato per il recente passato tortuoso, ma vincere il “Superclasico”, almeno per una notte, ti rende invincibile dinanzi al resto del popolo albiceleste. Proprio come accaduto ai “Los Hincha” biancorossi.