Negli Usa è diventato un autentico eroe, nonostante l’eliminazione della nazionale allenata da Jurgen Klinsmann. Tim Howard, 35 anni, durante la partita degli ottavi di finale contro il Belgio ha stabilito il nuovo record di parate in una partita della Coppa del Mondo, ben 16. Una prestazione straordinaria, che non è servita ad evitare la sconfitta ai tempi supplementari ma lo ha reso reso incredibilmente celebre in una nazione che non ha mai gradito particolarmente il soccer. I tifosi a stelle e strisce, tra il serio e il faceto, si sono letteralmente scatenati sul web per osannare il loro beniamino: in tanti lo hanno proposto come nuovo Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, e c’è anche chi ha creato una petizione per intitolargli l’aeroporto di Washington.
Insomma, un meritato magic moment per il portiere dell’Everton, giunto all’apice di una carriera che lo ha visto sempre protagonista sia nel campionato inglese che in nazionale. Forse in pochi sanno, però, che Tim combatte sin dall’età di 11 anni con la sindrome di Tourette, un disordine neurologico solitamente caratterizzato dalla presenza di tic motori e fonatori incostanti, fugaci o cronici, la cui gravità può essere lieve ma anche fortemente invalidante. Nel caso di Howard, che nel 2001 fu insignito del premio MLS Humanitarian of the Year per il suo impegno a favore dei bambini che soffrono di questo disturbo, si tratta di comportamenti compulsivi che aumentano in modo direttamente proporzionale allo stress, ma che tendono a scomparire in partita con l’aumento della concentrazione e della reattività. Fu lo stesso portiere a spiegarlo al New Yorker, in occasione dei Mondiali 2010: “Sono pieno di adrenalina. Se domani mi svegliassi senza la mia sindrome di Tourette, non saprei cosa fare. Non mi piace la partita, perché durante i novanta minuti non mi capita mai di divertirmi. Finché c’è tempo, c’è pericolo. E al triplice fischio dell’arbitro mi sento esausto, fisicamente e mentalmente. Mi siedo nello spogliatoio e finalmente mi rilasso, il pericolo è cessato“. In un’intervista rilasciata a Der Spiegel, Howard è ancora più esplicito: “Non ho mai contato quanti tic ho in una partita. Succede senza alcun preavviso, e aumentano quanto più una partita è importante. Non ho idea di come faccio a controllarmi, neanche i miei medici lo sanno spiegare. Probabilmente in quel momento la mia concentrazione prevale su tutto“.
Nonostante la sindrome di Tourette, il portiere Usa è riuscito ad affermarsi nel calcio e nella vita. È stato più forte dell’ignoranza con cui, inevitabilmente, è costretto a convivere sin dall’infanzia. Come quando il Manchester United, nel 2003, lo acquistò dalla MLS, il campionato americano. I tabloid inglesi ne scrissero di tutti i colori (“Sta arrivando un ritardato”), il News of The World riuscì a intitolare “United’s Zombie” la notizia del suo ingaggio. Una vergogna. Ma Tim Howard è andato sempre avanti per la sua strada, superando pregiudizi e stupidità, ed oggi rappresenta un grande esempio di coraggio e determinazione per tutti.