Tu mi porti su…e poi mi lasci cadere. Non ci potrebbe essere frase più azzeccata per descrivere le tante (e recenti) cadute di storiche società del calcio italiano. Destini rovinosi e che hanno visto tutte loro precipitare nelle categorie inferiori o addirittura fallire, magari per mano di quegli stessi presidenti che in passato le avevano portate in alto e ad aggiudicarsi coppe e trofei. La Reggina di Lillo Foti, appena retrocessa in Serie D, rappresenta solo l’ultimo caso eclatante in ordine cronologico. E noi di Blog di Sport, dagli anni ’80 ad oggi, ne abbiamo individuati altri 11. Messi assieme, potrebbero costituire un undici titolare da brividi.
1. Giussy Farina
Ricordato per essere stato nel mondo del calcio a cavallo degli anni ’70 e ’80, l’ex presidente di Milan e Vicenza ha lasciato ricordi molto agrodolci ai tifosi delle due squadre. Se coi Berici è riuscito nel giro di dodici anni a portarli dalla B al primo turno di Coppa UEFA (con precedente secondo posto ed esplosione di un certo Paolo Rossi), dall’altra ha poi abbandonato la società veneta al suo destino. Come? Facendola nuovamente retrocedere e tentare una nuova avventura col Milan. Rileverà i rossoneri dopo la fallimentare presidenza Colombo, riuscendo a riportare il Diavolo prima in A e poi in Coppa UEFA. Ricordato anche per essere stato l’artefice del fallimentare acquisto di Blisset, la sua avventura milanese durerà soltanto quattro anni: ci penserà Berlusconi a raccogliere la pesante eredità di una società lasciata sull’orlo del fallimento
2. Antonio e Vincenzo Matarrese
Si presentano alla piazza di Bari come i Kennedy di Puglia, desiderosi di riportare in riva all’Adriatico il calcio che conta, dopo la drammatica scomparsa del Prof. Angelo De Palo avvenuta alcuni mesi prima. A suon di proclami (Faremo del Bari la Juventus del Sud il più celebre) promette fortune di ogni genere alla squadra biancorossa. La Serie A arriverà soltanto dopo 8 anni di presidenza, ma il sali e scendi dalla B continua. Tante le cessioni contestate, da quella di Igor Protti capocannoniere del campionato di A 95/96, fino a quella del gioiello di Bari Vecchia Antonio Cassano, che non fanno altro che deteriorare il rapporto con la tifoseria. L’Europa? Sfiorata in più circostanze, ed al termine della stagione 1998/99 – nonostante il decimo posto finale garantisse la partecipazione dei pugliesi all’Intertoto – decidono addirittura di rinunciarvi. Poi, a partire dalla penultima retrocessione in B del 2001, lento ed inesorabile declino fatto di campionati anonimi in B ed accumulo continuo di debiti, fino al fallimento della scorsa stagione. A poco serve la felice parentesi dal 2008 al 2011 con Conte e Ventura in panchina.
3. Ermanno Pieroni
Nel mondo del calcio è noto più per aver combinato disastri che altro. Ultimo, in ordine cronologico, quello dello scorso anno a Riccione. Ma ad Ancona, agli inizi degli anni 2000, tutto pareva incanalarsi in direzione opposta. A lui si deve infatti la storica promozione della stagione 2002/03 in A, ma anche la successiva retrocessione in B dell’anno successivo (13 punti in 34 gare, record negativo) ed il fallimento a fine stagione coi Dorici relegati in Serie C2. Il tutto, nonostante si fossero allestite squadre con pezzi da novanta come Maini, Daniel Andersson, Jardel, Robbiati, Daino, Hubner…
4. Romeo Anconetani
Parlare di Romeo Anconetani, almeno in questa chiave di lettura, non è facile. Si tratta del volto più importante della storia del Pisa degli ultimi trent’anni, un presidente che è riuscito a regalare ai nerazzurri – a cavallo tra gli anni ’80 ed i primi anni ’90 – annate importanti tra Serie B e soprattutto Serie A, con l’esplosione e la scoperta di giocatori come Simeone (si, proprio l’attuale tecnico dei Colchoneros) e Chamot, che poi andranno a fare le fortune di Foggia, Milan, Inter e Lazio. Famoso per molti suoi atteggiamenti pittoreschi, non bisogna dimenticare che la sua rincorsa verso il paradiso era iniziata partendo dalla Serie C. Categoria dove sarebbe poi ripiombato al termine della stagione 1993/94 in seguito allo spareggio perso contro l’Acireale. Solo sul campo, però: questo perché in quella stessa estate alla delusione sportiva si affiancò quella societaria, e quindi il fallimento. Il primo di una lunga serie sotto la Torre.
5. Enrico Preziosi
Adesso è a tutti noto per essere il presidente del Genoa. Ma il numero uno della Giochi Preziosi in passato aveva fatto le fortune di Saranno e soprattutto Como, squadra che negli anni novanta pareva essere diventata una nobile decaduta, dopo aver dato luce al talento di Borgonovo. Nel giro di pochi anni Preziosi trasforma la compagine lombarda in un’autentica schiacciasassi, realizzando un doppio salto dalla Serie C1 alla Serie A, il cui approdo avverrà nella stagione 2002/03. Poi, la parabola discendente in stile Ancona: tanti acquisti di grido (Cauet, Corrent, Padalino, Tarantino, Music…) che non hanno significato allo stesso tempo una squadra. Ed è cosi che dopo la retrocessione Preziosi decide di abbandonare la nave, preferendo dirottare i propri interessi sul Genoa Cfc, appena retrocesso in C1 (poi ripescato) e sull’orlo del fallimento.
6. Maurizio Zamparini
L’attuale vulcanico presidente del Palermo si era grossomodo comportato alla stessa maniera di Preziosi ai tempi del Venezia. Rilevati i lagunari a metà degli anni ’80, dapprima ne cambia i colori sociali (verranno aggiunti i colori del Mestre al tradizionale neroverde) e poi decide di spendere con lungimiranza e puntare alla massima serie. Che arriverà soltanto nell’estate del 1998, dopo alcune soddisfazioni ottenute in Coppa Italia (memorabile in tal senso la vittoria contro la Juventus nella stagione 1993/94). Seguirà un quinquennio con alterne soddisfazioni e con l’esplosione di Recoba, poi futuro giocatore interista. Al termine della stagione 2001/02, a seguito delle contestazioni e delle pressioni della tifoseria nei suoi confronti, decide di mollare tutto e andarsene a Palermo. Motivo? “A Venezia non si può fare calcio, non ha appeal”.
7. Ferdinando Chiampan
Tutti lo conoscono per essere stato lo storico presidente del Verona campione d’Italia 1984/85. Anche lui, come molti dei suoi predecessori, erediterà la società gialloblù dalle categorie inferiori, mantenendola dal 1982 al 1990 quasi sempre ai vertici del calcio italiano. A lui si devono gli sbarchi in italia del tedesco Hans Peter Briegel e del danese Preben Larsen Elkjaer. Ma i suoi ultimi anni di mala gestione, caratterizzati dalla cessione di molti pezzi da novanta, tra cui capitan Di Gennaro, condurranno la squadra prima alla retrocessione in B e poi al fallimento pilotato nel 1991.
8. Vittorio Cecchi Gori
Il suo approdo a Firenze nella prima metà degli anni ’90 era coinciso con la salvezza dei Pontello, ormai odiati dalla tifoseria intera per la cessione di Roberto Baggio alla Juventus, concretizzatasi nell’estate del Mundial ’90. E nonostante alcuni acquisti del calibro di Batistuta, Effemberg e Laudrup nella stagione 1992/93 si precipita in Serie B: una retrocessione incredibile, dopo che per quasi un intero girone d’andata i ragazzi di Gigi Radice erano stati sempre nelle prime posizioni. Il ritorno in A sarà però rapido, ed il quinquennio 1995-2000 regalerà enormi soddisfazioni ai tifosi della Viola: due Coppa Italia (1995/96 e 2000/01), Supercoppa Italiana (1996, a San Siro contro il Milan), semifinale di Coppa delle Coppe (persa contro il Barcellona, anno 1996/97), secondo turno di Champions League 1999/00 (equivalenti agli attuali ottavi di finale, dopo aver battuto Arsenal, Manchester United e pareggiato col Barcellona). Gioie poi cancellate nel successivo biennio 2000-2002, quando lo strapotere di Cecchi Gori si sgretola e la Fiorentina prima cede i suoi gioielli (Toldo, Rui Costa, Batistuta) e poi retrocede e fallisce, ripartendo nella stagione 2002/03 dalla Serie C2 col nome di Florentia Viola.
9. Luciano Gaucci
L’ex presidente del Perugia stato uno dei personaggi più discussi del calcio italiano, per certi versi simile all’attuale Lotito. Quali le somiglianze? Ad esempio, quella relativa alla multiproprietà (Ha avuto interessi nel Napoli, è stato patron di Sambenedettese e Catania) o le tante proteste – più o meno plateali – nei confronti della classe arbitrale, rea a suo dire di maltrattare spesso e volentieri le cosiddette ‘piccole’. Una specialità, quest’ultima, che sarà poi ripresa da tanti altri presidenti del nostro calcio. Venendo alla sua esperienza umbra, gli va sicuramente dato il merito di aver riportato i biancorossi – tra la seconda metà degli anni ’90 ed i primi del 2000 – agli splendori di una volta. Certamente non paragonabili a quelli della gestione D’Attoma (secondo posto in A nel 1978/79, record d’imbattibilità in una stagione) ma comunque prestigiosi: vittoria dell’Intertoto (2003) e successiva partecipazione in Coppa UEFA (2003/04, non accadeva da 24 anni), lancio e scoperta di allenatori (Serse Cosmi, Stefano Colantuono) o di talenti come Grosso, Materazzi, Miccoli, Liverani o Nakata, tutti futuri nazionali o campioni del mondo. Ma la retrocessione al termine della stagione 2003/04 segnerà l’inizio della fine per il vulcanico presidente romano, che dopo la finale playoff persa l’anno seguente contro il Torino, condurrà non solo il grifo al fallimento ma preparerà anche la sua fuga dall’Italia.
10. Callisto Tanzi
Il suo ingresso nel Parma, avvenuto al termine della stagione 1989/90, sancirà un periodo d’oro per la società ducale, che sin li aveva sempre fatto la spole tra Serie B e Serie C, conoscendo anche l’onta del fallimento nel 1969/70. Noti a tutti sono i trionfi dei gialloblù dal 1992 al 2002: Coppa Italia (1991/92, !998/99 e 2001/02), Coppa delle Coppe (1992/93), Supercoppa Europea (1993), Supercoppa Italiana (1999) e Coppa UEFA (1994/95 e 1998/99). Tanti anche i fuoriclasse in rosa, come Asprilla, Brolin, Apolloni, Fuser, Cannavaro, Crespo, Veron, Thuram, Chiesa, Boghossian, Mutu, Gilardino, Buffon o Adriano. Un sogno che però, nell’autunno del 2003, vedrà la parola fine: la Parmalat, principale azionista del club, fallisce e vengono notificate truffe di milioni di euro ai danni dei risparmiatori. Al termine della stagione 2003/04, nonostante il quinto posto finale, il Parma conosce un forte ridimensionamento e, pur avendo evitato un nuovo fallimento sul filo di lana, riuscirà a salvarsi dalla B l’anno seguente solo dopo uno spareggio-thriller col Bologna.
11. Tommaso Ghirardi
E’ lui – dopo due anni di gestione straordinaria Bondi – il nuovo presidente del Parma a tre anni di distanza dal crollo dell’Impero Tanzi. La sua avventura, però, non parte nel migliore dei modi: nella stagione 2007/08 arriva la retrocessione all’ultima giornata per mano dell’Inter. Si risale al termine della stagione seguente, e nella stagione 2009/10 si sfiora il ritorno in Europa con Guidolin in panchina. Tanti (forse troppi) gli investimenti dell’ex patron del Carpenedolo sulla squadra: se da un lato acquisti di giocatori come Belfodil, Paletta, Amauri, Lucarelli, Gobbi, Mirante o Cassano si rivelano importanti, dall’altra si consumano spese folli sul parco giocatori: saranno oltre un centinaio quelli sotto contratto con la società emiliana. Al termine della stagione 2013/14 sul campo è di nuovo Europa League dopo 7 stagioni, ma il sogno durerà giusto lo spazio di una notte. Il resto e’ storia nota: mancato ottenimento della licenza UEFA, disimpegno societario, penalizzazioni, mancato pagamento degli stipendi, accumulo di debiti, Taci, Manenti e fallimento. Il secondo dopo 45 anni.