Era il 3 Dicembre 2014 e in Giappone veniva messa in vendita la prima Play Station. Sono passati 20 anni, ma sembra un attimo. E c’è una generazione, che oggi sguazza tra precariato e sogni universitari, che è cresciuta con la prima PlayStation. E con un must: Iss Pro, o Fifa.
Una simulazione calcistica considerata “d’avanguardia” a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Sembravano, davvero, i videogiochi del nuovo millennio. C’erano le squadre che guardavamo in Tv, e per le quali tifavamo. E ci sembrava innovativo poter essere noi a giocare. E giocare sul serio, perché il videogioco, seppur con una grafica che oggi ci sembra ridicola, aveva un minimo di realismo che nessuna delle console precedenti a quella della Sony aveva mai sfiorato. Ed era divertente.
Le giornate passavano cercando di fare gol ad un amico, o al computer. E una parola come “HD” non era nemmeno contemplata: bastava avere una squadra discreta e un joystick. E poi c’era il portiere che poteva fare il fallo da ultimo uomo, in scivolata. E spesso lo si faceva di proposito, per vedere l’espulsione dell’estremo difensore in diretta. E i Fifa della fine degli anni ’90 avevano qualcosa in meno rispetto al colosso giapponese, ma si potevano fare amichevoli indoor, sul parquet, 5 contro 5. E tanto bastava per renderlo un buon gioco, come “Road to World Cup ’98”, il gioco ufficiale del mondiale francese, in cui ogni partita era annunciata da un video di presentazione sulla città nella quale si giocava il match.
Un qualcosa che sembrava difficile addirittura da pensare, mentre il mondo si evolveva e la tecnologia era lontana anni luce da oggi. E Iss Pro (o Winning Eleven, ma detto così faceva “radical chic” del settore) era il colosso. Veniva dal Giappone, come la Play Station. E spesso non eravamo nemmeno a conoscenza della data d’uscita, ma lo aspettavamo comunque. E abbiamo imparato a conoscere San Siro come “White Stadium”, e la Juventus come “Torino”. Perché la Konami non ne aveva la licenza, e usava il nome della città di provenienza, tanto il Toro, quello vero, era in Serie B. I calciatori esultavano alzando le braccia al cielo, e quando usavi Ronaldo era il “fenomeno” e giocava nel Brasile.
C’è una generazione, che oggi rimpiange quei tempi, che è cresciuta con Iss Pro e Fifa. E oggi continua a giocare ai videogiochi sportivi, magari con un pizzico di nostalgia. Perché oggi sì, Messi ha anche i brufoli simili alla realtà, ma vuoi mettere il fascino di Iss Pro con mille bug e un calciatore che ogni tanto veniva espulso senza motivo. Per errore. Tanto che Germano Mosconi, a confronto del giocatore, sarebbe stato un santo. Quegli stessi santi che oggi giocano con le nostre PlayStation. E fanno i nostri gol con Castolo.