Ho letto l’intervista a Christian Vieri su La Gazzetta dello Sport e devo dire di essere rimasto un po’ perplesso. La sua storia d’amore con l’Inter è stata bella e intensa, su questo non ci sono dubbi. Il rapporto con Moratti era vero finché qualcosa (o qualcuno) non ha cambiato le carte in tavola. E non parlerò di questo perché servirebbe entrare in dinamiche precise, che ormai il tempo ha portato via.
Parlerò di Christian Vieri l’uomo, soffermandomi su una frase e su un dato. Prima la frase: “Presto mi iscriverò al corso allenatori negli Stati Uniti, mi sto informando”. Da tempo parliamo della deriva del calcio italiano, delle difficoltà gestionali e di crescita dei giovani. Di un movimento in perenne crisi che non offre risultati soddisfacenti da tempo, sia a livello di nazionale che di club. Vieri ha dato qualcosa all’Italia e di certo ha ricevuto tantissimo dall’Italia. In termini di visibili, oltre che economici. Ognuno naturalmente fa le scelte che ritiene più opportune, ma provo un po’ di amarezza nel sentire che un grande attaccante come lui preferisce far finta di niente dei problemi del nostro calcio, dando come motivazione che “non è semplice avere l’opportunità giusta”.
Beh, caro Vieri. L’opportunità giusta uno se la può anche creare. E può anche aiutare un movimento che è in difficoltà e in emergenza. Qualcuno avrà pur scoperto il Vieri-giovane, quello che aveva fame e voleva in tutti i modi fare carriera. Senza quel qualcuno (addetti ai lavori seri e competenti) non ci saranno sicuramente altri Vieri o altri Totti, ma ci saranno altre pessime figure stile Mondiali in Brasile.
E poi un dato: Vieri ha sempre segnato tanto (basta ricordare i 123 gol nell’Inter 199-2005) ma ha vinto pochissimo. Non ha vinto il Mondiale 2006 per colpa di un infortunio. Non ha vinto – in precedenza – lo scudetto 2002 con l’Inter nonostante formasse con Ronaldo, probabilmente, la coppia d’attacco più forte d’Europa. Non ha vinto nel Mondiale 2002, nonostante il gruppo – lo dice lui – fosse fortissimo. Ha vinto sì una Coppa delle Coppe nel ’98 e un solo trofeo con l’Inter nel 2005 prima che iniziasse la stagione dei grandi successi nerazzurri. È solo sfortuna? Devo essere sincero, io non credo. Credo che per vincere serva anche stare nel gruppo giusto, giocare per la squadra, fare qualcosa di straordinario per i tuoi compagni. Serve disponibilità, la stessa che dovrebbe mettere adesso nell’aiutare il calcio italiano. La stessa che forse non aveva da calciatore: in quel caso sì che un bomber da 123 gol in 6 stagioni avrebbe vinto qualcosa di più di una semplice Coppa Italia…