C’era una volta il tiki-taka. O tiki-taken, come dir si voglia. Trattasi di una ragnatela di passaggi rasoterra volta a mantenere il possesso palla per la maggior parte della partita, in attesa che l’avversario lasci sguarnito un varco per l’imbucata.
C’era una volta il tiki-taka, l’evoluzione latina del calcio totale. Soltanto che qui è il pallone a muoversi costantemente con una transizione talvolta lenta e per vie orizzontali.
C’era una volta il tiki-taka e il quattro volte Pallone d’Oro Leo Messi che ad un certo punto, nei match dove le forze in campo si equivalevano, prendeva la palla e scriveva poesie. Il tiki-taka lo metteva nelle condizioni ottimali per ricevere la sfera negli ultimi 20 metri, poi però era la fantasia e la classe a decretare il vincitore.
C’era una volta il tiki-taka reso perfetto da quel Pep Guardiola che al Barcellona incantò il mondo per qualche anno vincendo due Champions League. All’improvviso arrivò un italiano che si trovava quasi per caso sulla panchina del Chelsea. Con un po’ di fortuna, un po’ di contropiede e tanta difesa sabotò il dispositivo. E c’era anche Messi.
C’era una volta il tiki-taka, discendente diretto di quello di Guardiola, che incontrò una squadra forte tecnicamente e fisicamente, impressionante quando si distendeva in velocità negli spazi. Era il Bayern Monaco di Heynckes che vinse 7-0 in 180 minuti. E c’era anche Messi.
C’era una volta il tiki-taka, un anno più vecchio di quello che incontrò Heynckes, che giocò per 180 minuti contro una squadra molto meno forte di quel Bayern: spagnola anch’essa, allenata da un argentino che giocava all’italiana. Difesa ermetica e contropiede. Era l’Atletico Madrid di Simeone. 2-1 e tre pali in 180 minuti. Barcellona eliminato, e c’era anche Messi.
Nello stesso anno c’era un’altro tiki-taka. Non era né in Spagna né in un paese latino, ma in Germania, nel Bayern di Monaco. Fu ribattezzato tiki-taken. Lo portò Pep Guardiola, ma senza Messi. Incontrò il Real Madrid, allenato da un italiano. Un vincente silenzioso dall’aspetto sornione. Era quell’abile stratega di Ancelotti. Due squadre stellari. Finì 5-0. Pane e contropiede fece la manita al tiki-taka.

C’era una volta il tiki-taka: un tipo di calcio reso concreto dal sinistro divino di Messi. Un calcio che tra qualche decennio sarà giustamente mitizzato, perchè è stato grandioso, emozionante, divertente. Ma umano, come il grande Pep Guardiola. Come il Messi delle ultime stagioni.
Il calcio è una ruota che gira: è tornato il tempo del contropiede, anch’esso spettacolare e reso concreto da fenomeni come Ronaldo, Bale e Di Maria.
Godiamocelo come con il tiki-taka.