Esiste un confine nello sport, un confine che divide ciò che è lecito da ciò che non lo è, quello che si può da quello che non si può fare. Quel confine è dato dalle regole: chi vuole far parte del gioco lo deve fare seguendo una serie di norme, altrimenti va punito, escluso. Ogni sport, sia esso individuale o di squadra, ha un regolamento proprio, che indica quando è gol, canestro, fallo.

Ma lo sport del XXI secolo ha aggiunto nuove regole e nuove figure che devono farle rispettare. In nome del rispetto delle norme finanziare, ogni società deve adempiere a determinati obblighi, per incorrere in penalizzazioni o, peggio ancora, esclusioni dal campionato di competenza. Inizia per molti un doppio campionato: il primo va da settembre a maggio ed avrà il suo vincitore nella squadra migliore. Il secondo dura tutto l’anno, e vede persone lavorare dietro le quinte per cercare di tenere viva la passione di milioni di persone, che vedono nello sport ancora un’isola felice nei problemi della società moderni. Il basket non fa eccezione, e si discute se è giusto che a vincere (o meglio a non perdere) sia chi ha fatto più canestri in campo o chi, con oculatezza, gestisce meglio le risorse. Quello che sta succedendo alla Mens Sana Basket, storica società cestistica di Siena, vincitrice degli ultimi 7 scudetti, ed alla Sutor Basket, emblema del piccolo ma orgolioso centro calzaturificio di Montegranaro è il segno di tutto ciò.

Siena paga, come sta avvenendo per la società di calcio, il dissesto del Monte dei Paschi, sulle cui munifiche sponsorizzazioni vive lo sport della splendida città toscana. Eppure, nonostante il ridimensionamento tecnico necessario, grazie ad una dirigenza capace guidata da Ferdinando Minnucci, un coach umile ma straordinariamente abile nel formare uomini prima che giocatori come Marco Crespi, la società del Pala Estra si trova seconda in campionato ed è, ad oggi, la più serie candidata a mettere il bastone tra le ruote alla schiacciasassi Olimpia Milano guidata dall’ex Luca Banchi.

Ancor peggiore, se possibile, la situazione che si vive a Montegranaro. La Sutor vive da anni senza uno sponsor, con alcuni imprenditori locali che si sono riuniti in un consorzio che sostiene le spese di una società che, solo grazie alla forza delle idee, è in serie A da 8 anni. La situazione quest’anno è precipitata, i giocatori vengono pagati saltuariamente, molti se ne sono andati anzitempo vittime di una situazione che, nel mondo del basket dove gli stipendi non sono quelli del calcio, sta diventando insostenibile per chi di basket vive. Coach Recalcati e capitan Cinciarini sono stati bravi a tenere a galla da soli la barca, allenandosi e giocando praticamente gratis. Nonostante ciò la Sutor, senza americani in campo ma con un gruppo di uomini secondo a nessuno, è ad un passo dalla salvezza, che quest’anno avrebbe davvero del miracoloso.

Della scorsa settimana la notizia che il presidente Basso si è trovato costretto a non pagare i contributi ai giocatori (che hanno contratti da professionisti) scegliendo deliberatamente di farlo per garantire loro gli stipendi. Il che vuol dire che, se si salverà sul campo, la Sutor inizierà la prossima stagione da -2. Il capitano Daniele Cinciarini ha proposto che gli ultimi 2 incassi casalinghi siano devoluti dalla società a roster e staff tecnico: sarebbe un segno evidente del tentativo di sistemare le cose. I tifosi si autofinanziano e sostengono economicamente il patrimonio di tutta una regione, cose già viste nel calcio ad Ascoli e Bari.

È giusto far morire i sogni e la passione di tutti questi tifosi? È giusto che i sacrifici di anni vadano persi perchè, in un momento di crisi generale, non si riesce ad adempiere agli innumerevoli obblighi che la Federazione impone? In un mondo dove chiudono le fabbriche e la gente perde il lavoro, è giusto togliere alla gente anche la passione verso i propri colori del cuore? Se lo stanno chiedendo anche a Pesaro, dove la Victoria e Libertas lotta in ultima posizione ma con un bilancio sano, dovuto ad una forte austerity iniziata dal disimpegno dello storico patron Valter Scavolini, rischiando di retrocedere a scapito di società che invece queste regole non le hanno rispettate fino in fondo.

È ora che il mondo dello sport decida a cosa vuole dare la precedenza, per vedere se è giusto mollare un po’ la presa sulle risorse della società per permettere a tutti di giocarsela ad armi pari sul campo, oppure mantenere la linea dura e fare una sorta di autoselezione delle società sane, distruggendo la passione di milioni di tifosi (anche se in questi anni la scomparsa di tante storiche società, soprattutto nel calcio, con la conseguente perdita di seguito in piazze grandi come Ancona, Arezzo, Piacenza, Taranto ecc.). La scelta è se far determinare il rispetto delle regole dagli arbitri o dai commercialisti, una scelta di campo che condizionerà lo sport dei prossimi anni.