18 Luglio 1971: Pelè gioca la sua ultima partita (amichevole) con la maglia della nazionale brasiliana. Contro la Jugoslavia.

12 Giugno 2014: il Brasile dopo oltre 50 anni ospita un mondiale. Neymar gioca la sua prima partita in questa competizione. Contro la Croazia, una parte della Jugoslavia, che in seguito a crisi politiche e guerre civili si è disgregata in vari stati, come testimonianza di un mondo in continua evoluzione.
Segna Neymar. È la prima vera favola di questo mondiale, e in questo spazio “autogestito” vogliamo scrivere delle favole che il Mundial racconterà.

Neymar addirittura esagera, fa una doppietta. Ha giocato nel Santos, come Pelè anni prima. È visto da tutti come uno dei più grandi talenti al mondo, il Brasile si aggrappa a lui per poter gioire in casa propria e cancellare l’amarezza del ’50, quando l’Uruguay vinse il suo ultimo mondiale, proprio in terra brasiliana. Il Maracanzo, il vero incubo verdeoro. Neymar Ha contratti con sponsor da milioni di Euro, è un’icona. Come sempre c’è chi lo ritiene un simulatore, chi ne critica le doti. “È sopravvalutato”, dicono. Poi il campo parla di altro, ma per molti è un dettaglio. E il dettaglio di questo debutto mondiale di Neymar con doppietta è una favola.

Sei ricco, famoso, conosciuto. Ma lì ci sei nato. E allora, se avessi la possibilità questa notte (italiana) di fare una domanda a Neymar gli direi: “Che hai pensato?” Ma non vorrei una risposta banale. Vorrei sapere cosa davvero ti passa nella testa al primo gol in una competizione come questa. Perché puoi essere ricco, famoso, venerato, ma un gol nel mondial, beh, è un’altra cosa. A casa tua poi. E quando Pletikosa ti sta per parare un rigore che poi comunque gonfierà la rete e manderà in estasi i tifosi. Voglio sapere cosa si prova, non ad essere Neymar ma a segnare una doppietta al mondiale in casa propria mentre il Paese soffre, per altre questioni. Questioni che la Fifa fa finta di non vedere. Voglio sapere cos’ha provato il ragazzo, che cosa ha provato la star è fin troppo facile da intuire.

Eppure ci credo, non è solo quello dei tanti sponsor. È un ragazzo Neymar. Ha la mia età, e voglio sapere cosa ha provato. Perché credo che sia rimasto ancora umano. Come quel “Restiamo umani” diventato uno slogan politico col tempo. Ecco, che sia questo l’augurio più bello di questo mondiale: restiamo umani. Nelle emozioni, nelle sofferenze, nelle cose belle e in quelle da raccontare.