La città di Genova torna a sorridere e conquista la Serie A. Riemerge totalmente dal fango con un sogno nel cassetto, l’Europa. “Domani è già qui, domani è già qui” è il testo della famosa canzone che ci riporta indietro ad un altro evento tragico recente, il terremoto dell’Aquila del 2009. Parole che ci inducono a riflettere sull’importanza del domani quando però lo si ha portata di mano, quando poggia su delle solide basi e non c’è bisogno di ricostruire tutto da zero. Una situazione calcistica tuttavia che cozza violentemente con quella politica in una realtà dove le amministrazioni pubbliche contribuiscono a dissestare un territorio che andrebbe invece salvaguardato in modo da evitare il verificarsi e il ripetersi di simili disastri.
Se da una parte dunque abbiamo le milanesi alle prese con la perenne ricerca di un’identità, dall’altra troviamo le due squadre genovesi, vere e proprie rivelazioni finora di questa Serie A. Un’identità chiara e resa ancora più forte dalla ferita ancora aperta dell’alluvione di qualche settimana fa. Esattamente tre anni fa, nella precedente alluvione del 4 novembre 2011, la situazione era radicalmente diversa, le due compagini erano da smantellare pezzo pezzo proprio come la Costa Concordia ancorata alla Lanterna. La Sampdoria era alla prese con il difficile campionato cadetto, ritrovandosi nel giro di un anno dai preliminari di Champions League alla clamorosa retrocessione, mentre il Genoa, dopo l’ennesima rivoluzione estiva, faticava e non poco nella massima serie, e riuscirà a salvarsi tra feroci critiche solo alla penultima giornata.
La storia oggi è diversa. I blucerchiati esprimono un calcio moderno ed efficace e si ritrovano al terzo posto in classifica, mentre i rossoblu sono attualmente quinti e imbattuti da cinque gare. L’alluvione è stata un duro colpo è vero, basta guardare il manto erboso dello stadio Marassi, ma se non ha rappresentato il colpo di grazia è solo grazie alla capacità della città ligure di gettare il cuore oltre l’ostacolo, affidandosi alla solidarietà, allo spirito combattivo e di sacrificio dei suoi figli, non potendo contare su altro. Genoa e Samp invece poggiano su un progetto ben impostato, hanno saputo seminare nel modo giusto e ora se ne raccolgono i frutti.
Genoa
Il progetto del Grifone parte da lontano, o meglio dallo scorso campionato. Era il 29 settembre 2013 e l’annaspante esperienza Liverani era già finita. Tornava Gasperini dopo tre anni con un unico obiettivo: raggiungere la salvezza il prima possibile e pianificare il futuro. L’estate di Preziosi è stata come al solito movimentata e ricca di colpi ma rispetto agli anni passati meno sconvolgente. La squadra infatti, specie nei reparti più caldi (difesa e centrocampo) è rimasta quella della scorsa stagione con qualche rinforzo in più, qualcuno ancora da scoprire. Perin, Burdisso, Marchese, De Maio, Bertolacci, Sturaro, Kucka, Antonelli, Antonini rappresentano il nocciolo della rosa rossoblu. Greco, Rosi e Roncaglia sono stati acquisti intelligenti e quando poi azzecchi anche l’esordio di un 17enne contro la Juventus (Mandragora) allora significa che ti trovi dentro il pezzo come non mai. Ma passiamo al reparto offensivo, quello che riporta le maggiori novità. Se per quanto riguarda gli esterni ci si ritrova di fronte al solito valzer di matricole e meteore (Perotti, Iago e Lestienne sembrano ancora un po’ allo sbando nel modulo di Gasp) in area il Genoa ha acquistato due pezzi da 90 a modiche cifre. Matri dopo due annate da dimenticare ha finalmente ritrovato gol e serenità in una piazza importante ma capace di non fornire eccessive pressioni e Pinilla non ha certo bisogno di presentazioni, è un attaccante fantastico il quale se avesse avuto meno infortuni in carriera e più giudizio avrebbe raggiunto ben altri livelli. Il modulo invece non è nuovo, per il tecnico il 3-4-3 è come un marchio di fabbrica, ma rispetto allo scorso anno appare più solido ed equilibrato.
Sampdoria
Anche sull’altra sponda della Lanterna dobbiamo ripartire dalla Serie A 2013-2014. Il 20 novembre 2013 Delio Rossi veniva esonerato a seguito della terza sconfitta consecutiva e al suo posto veniva chiamato Sinisa Mihajlovic. Dopo i 9 punti in dodici gare della precedente gestione il tecnico serbo porta la squadra al dodicesimo posto concludendo la stagione con 45 punti. In estate però nei piani alti accade qualcosa, il produttore cinematografico Massimo Ferrero rileva le quote della società e diventa presidente. L’eccentrico imprenditore romano non porta scompiglio e decide con lungimiranza di proseguire dal bel girone di ritorno dell’anno precedente. Il progetto già c’era bisognava solo portarlo avanti. La Sampdoria di oggi stupisce per la versatilità e capacità di adattarsi ai vari avversari che affronta, ricordando a tratti l’Atletico di Simeone. Mihajlovic infatti non ha un modulo predefinito e spesso opta per scelte sorprendenti, ma riesce ad esprimere un calcio moderno e fluido anche se molto dispendioso. La chiave sta nel centrocampo che abbina qualità e quantità e che seppur molto compatto rappresenta un saldo collante tra i reparti. La difesa con il giusto mix di giovani e giocatori più esperti, spesso vede retrocessi sulla propria linea veri e propri centrocampisti nella veste di primi rifinitori offensivi. In attacco Eder e Gabbiadini, giocando alle spalle di un Okaka definitivamente sbocciato, creano e segnano con costanza (senza dimenticarsi del pupillo di Sinisa Gonzalo Bergessio reduce da un brutto infortunio). Il segreto però risiede nella forza e la compattezza di un gruppo che il tecnico ha saputo plasmare a sua immagine e somiglianza. Anche quello che era l’unico neo blucerchiato sembra essersi risolto a seguito dell’infortunio accorso a Viviano, il costoso Romero è stato reintegrato in squadra e mina seriamente la titolarità dell’ex Palermo.