Mourinho dice sempre: per vincere la Coppa dei particolari – così chiama la Champions League – serve che ogni giocatore sia decisivo quando viene chiamato in causa. “Arriverà un momento in cui avremo bisogno di una copertura in più da parte di Eto’o, o di una grande parata di Julio Cesar, e loro saranno pronti”. La Champions League 2010, l’Inter, la vince così. Ogni campione si fa trovare pronto, al proprio posto, e l’apice di quella stagione è sicuramente la sfida di Barcellona. Riavvolgiamo un attimo il nastro della storia. Mourinho contro Guardiola non è una sfida come le altre. Non lo sarà negli anni di Madrid, non lo è oggi che i due rischiano di incontrarsi ogni sera a Manchester mentre portano a spasso il cane, non lo era nel 2010. Mourinho, che ha amato Barcellona, non ha mai digerito il grande rifiuto di Cruijff. Uno che lo ha definito sì “allenatore de titulos”, ma poco adatto al progetto iniziato proprio da lui, al Barcellona 20 anni prima. Guardiola di Crujiff è stato un giocatore e – come scrive Paolo Condò nel libro I duellanti – sostiene che il suo mentore abbia dipinto la Cappella Sistina e che ai suoi successori, fra i quali lui, sia toccato in sorte il privilegio di operare piccoli restauri alle parti scrostate dal tempo.

Del Barcellona di Robson, squadra di cui Guardiola è il capitano, Mourinho è il tattico: ma per la stampa, i tifosi e anche alcuni giocatori, tra cui Pep, è “Il traduttore”. Ma quella che si gioca il 28 aprile 2010 non è una partita come le altre, anche perché al centro dell’attacco del Barcellona gioca Ibrahimovic, che è andato via da Milano “per vincere la Champions League”, una frase che i suoi ex compagni si sono cuciti addosso. La partita di andata è stata una gara tra le più belle giocate dall’Inter negli ultimi 30 anni, con un primo tempo giocato ad armi pari ed una ripresa dominata da Snejider e Milito. Tre a uno è un buon risultato, non abbastanza per andare tranquilli a Barcellona. Novanta minuti al Camp Nou sono “muy largos”.

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I giocatori blaugrana sono arrabbiati perché all’andata a causa dell’eruzione di un vulcano islandese dal nome impronunciabile, sono stati costretti ad arrivare a Milano in pulmann. E poi c’è l’ossessione di Madrid. In una delle conferenze stampa più riuscite della storia, Mourinho dice che per l’Inter giocare la finale di Champions League è un sogno, riducendo quella del Barcellona a mera ossessione: alzare una Coppa a Madrid. La partita è lunghissima ma – vi ricordate i propositi di Mou? – ognuno si fa trovare pronto. Come Julio Cesar, quando si allunga sul palo alla sua destra a deviare miracolosamente un prodigio di Messi. Manca ancora un’ora quando Busquets, un giocatore che la storia rivaluterà anche tecnicamente – si rantola a terra per un buffetto preso da Thiago Motta, che viene espulso.

Il momento in cui Sergi Busquets allarga l’indice e il medio per guardare, come da uno spioncino, se la sceneggiata ha sortito gli effetti desiderati, ovvero lasciare l’Inter in dieci uomini, è storia. Come epica è la resistenza dell’Inter. Zanetti porta l’acqua a tutti, invita al coraggio e alla resistenza. Eto’o gioca da difensore, Samuel alza lo sguardo verso il tabellone luminoso e scopre che mancano ancora 40 minuti. Tifosi interisti presenti al Nou Camp confesseranno di aver visto entrare Balotelli a dieci minuti dalla fine. Dal settore ospite, distantissimo, quella era la percezione: ma quel giocatore è Mariga. Che tocca tre palloni e li perde. A cinque minuti dalla fine è il catalanissimo Piqué a portare in vantaggio il Barcellona.

Da lì in poi la Champions è solo una questione di nervi. Reggono quelli dell’Inter, mentre al Camp Nou si ricordano di essere in 100.000 o quasi. Sono i 5 minuti più lunghi della storia della Champions. Durano ore. Anni. Sono gli anni che separano l’Inter da una nuova finale di Champions League: quasi mezzo secolo. Al 93’ di manifesta la grande paura, quella che tutto questo sforzo sia stato vano. Julio Cesar si tuffa su un tiro di Pedro ma non può nulla. Il pallone entra in porta. No, non può essere. I giocatori non ci cedono. È un incubo. L’arbitro annulla per un fallo, nessuno esulta per rispetto, ma è estasi collettiva. Quando l’arbitro fischia la fine al Camp Nou azionano gli idranti. Ma Mourinho non ha certo paura dell’acqua e resta in campo ad esultare. Sta per andarsi a prendere la sua seconda Champions League. A Madrid.

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La Champions 2016/2017 è al via! Sarà l’anno di una sorpresa o di una grande? Diamo un’occhiata ai gironi e azzardiamo qualche pronostico: nel gruppo A sembrerebbero scontati i passaggi di Arsenal e Paris Saint Germain, troppo più forti degli altri, ma attenzione al Basilea una squadra che più di una volta ha sovvertito i pronostici (due anni fa eliminando il Liverpool, ad esempio). Nel gruppo B Napoli e Benifca favorite, difficile ipotizzare che Beisktas e Dynamo Kiev possano dire la loro. Gruppo C: in un girone dove ci sono Barcellona e City il resto non conta. Ma siccome il Borussia Moenchengladbach è stata una grande d’Europa, ed è una bella realtà in crescita, due euro ce li piazzerei.

Gruppo D: il PSV ha tutto, ma proprio tutto, per insidiare Bayern Monaco e soprattutto Atletico Madrid che dopo due finali (perse) in tre anni potrebbe accusare il colpo. Equilibrato, verso il basso, il gruppo E. Il Tottenham è il favorito d’obbligo, Leverkusen e Monaco si giocano la seconda piazza. Nel gruppo F Leverkusen e Sporting si giocano la seconda piazza dietro il Real. Occhio ai portoghesi. Nel gruppo G c’è il Porto, che raramente sbaglia un colpo: riuscirà il Leicester a fare il secondo miracolo di fila. Io dico che agli ottavi ci arriva. Il gruppo F è quello della Juventus, favorita d’obbligo, una puntata sul Siviglia di Sampaoli la farei. Anche come possibile sorpresa di questa Champions, visto che gli andalusi vengono da tre Europa League vinte di fila. Adesso tocca a te: qual è il tuo pronostico azzardato? Guarda le quote e gioca con noi!

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