Arrivare al dodicesimo posto in un campionato difficile come quello di Serie B e notare una contestazione da parte dei propri tifosi. No, non siamo pazzi, semplicemente stiamo parlando della situazione dell’Avellino, compagine che, proprio ieri, ha terminato la sua stagione agonistica. Promossi dalla Prima divisione, gli irpini hanno disputato un torneo cadetto al di sopra delle aspettative. Con mister Rastelli in panchina, Castaldo e compagni, fino a poco tempo fa, “galleggiavano” tra il terzo e il quarto posto, con il rischio concreto di poter giocare i play-off tra pochi giorni. Vuoi per un calo fisiologico, sia fisico che mentale, l’Avellino, dal mese di gennaio in poi, non ha reso al meglio, calando vistosamente alla distanza. Ma gli spareggi promozione, nonostante tutto, erano lì a portata di mano, sarebbero bastate due vittorie consecutive per far sognare una città che vive di calcio, quello vero.
Si, proprio quella città che, fino a tre anni fa, vedeva squadre impronunciabili e prive di storia calcare il terreno di gioco del “Partenio” con risultati che tutti conosciamo. Un bel giorno, con Taccone alla presidente e De Vito direttore sportivo, le cose sono cambiate, il “Lupo” è diventato lupo e i tifosi hanno continuato a fare la parte del cosiddetto “12°” uomo in campo. Promozioni dalla Lega Pro alla B e tanto entusiasmo per una compagine che, in fondo, voleva far sognare i suoi magnifici supporter. Proprio ieri, però, con loro qualcosa si è rotto.
All’Euganeo di Padova, i ragazzi di Rastelli perdono 2-1, precludendosi la possibilità di giocarsi i play-off in virtù dei pareggi di Lanciano e Spezia e la sconfitta del Siena. Bastava un successo, un atteggiamento più convincente e gli irpini, martedì, sarebbero stati impegnati in una gara che poteva valere l’accesso alle semifinali per la Serie A. I tifosi, partiti dalla Campania, arrivati da ogni parte d’Italia e dall’estero, non l’hanno presa bene. Hanno rifiutato il saluto dei calciatori con la casacca verde addosso perchè resta il rammarico di una ghiotta occasione che poteva essere sfruttata e, invece, gettata alle ortiche.