Il fuorigioco è un po’ come un coito interrotto. Arriva sempre nel momento sbagliato. Uomo lanciato a tu per tu con il portiere, è solo, manca tanto così all’orgasmo sportivo. E poi c’è lui, quell’uomo vestito di nero, o di giallo, e ultimamente di tutti i colori, defilato, ad alzare la bandierina. Come può quell’uomo non prendersi una barca di insulti? Quanti gridi di esultanza strozzati con quella bandierina? Poi ci sono le volte che capita a favore, e allora ci si limita a tirare un sospiro di sollievo, e tanto basta. Meno Male. Ho dedicato più tempo al fuorigioco, negli ultimi 5 anni, che alla fidanzata, che era una guardalinee, appunto. E infatti ci siamo lasciati, non poteva durare a lungo, sempre sul filo del penultimo difensore.
Al fuorigioco ho dedicato tempo come guardalinee, come giornalista, come semplice appassionato. E già, perché io, a differenza di molti tifosi, mi emoziono a vedere una bandierina alzata o una valutazione del collega. Io, signori miei, sono un feticista del fuorigioco. Sono quello che ogni domenica scambia messaggi con colleghi (arbitri) più anziani ed esperti di me per chiedere numi sulla posizione di Vidal davanti al portiere della Roma, o quello che si confronta con Lorenzo Fontani di Regoliamoci (SKY) per capire se la posizione di Chiellini in Napoli – Juventus, prima ancora di quella di Caceres, è punibile o meno. E via a spiegare a tutti, con fare da arbitro, e per cui con educazione e pazienza, il perché delle valutazione.
Io amo il fuorigioco e non posso non festeggiare questo storico compleanno: l’off side compie 90 anni. Non che prima non esistesse. Ma il 23 gennaio del 1925 l’IFAB (International Football Association Board), quello che decideva le regole e che, per inciso, le decide ancora con una composizione interamente britannica, decretò che l’attaccante non doveva avere più tra se e la porta 3 difendenti per trovarsi in posizione di fuorigioco, ma 2. Questo cambiò tutto, perché uno dei due, nel 99 per cento dei casi era (ed è) il portiere. L’IFAB si accorse che il regolamento, che agli albori prevedeva, come nel rugby, solo passaggi orizzontali, non garantiva lo spettacolo, e decise di dare nuova verve al gioco con questa modifica.
Se il fuorigioco compie 90 anni, possiamo dire che il calcio stesso, così come è concepito oggi, nacque quel giorno. Cambiarono i moduli: Herbert Chapman, allenatore dell’Arsenal, inventò il WM, meglio come conosciuto come il Sistema, ovvero l’unico modulo di gioco concepito per i successivi 20 anni. Tre difensori, due mediani bassi, due centrocampisti alti, due ali e una punta. Disegnatela sul campo e avrete un W e una M. Nessuno mise in discussione quel modulo fino all’avvento della grande Ungheria. Nel frattempo il fuorigioco continuava ad essere una variabile imprevedibile del gioco, fino a quando un signore di Fusignano non la trasformò in una straordinaria tattica difensiva. Il Milan di Arrigo Sacchi trasformava in terra bruciata (per gli avversari) la propria metà campo. Franco Baresi, e il suo braccio alzato, sono l’immagine di quella epopea.
Nel 1990 l’IFAB decise che l’uomo in linea con il penultimo non era più in fuorigioco, ma in posizione regolare. Una rivoluzione, in un centimetro. Si iniziarono a vedere molti più gol, lo spettacolo aumentò. I guardalinee dovettero adattarsi in fretta, come sempre, sacrificati sull’altare dello spettacolo. Ma lo fecero in fretta, come al solito. Passano 5 anni e arriva il 1995, l’anno dell’ATP. No, non è tennis: A come arreca disturbo, T come trae vantaggio, P come partecipa al gioco. In soldoni viene aggiornata la regola con il concetto di fuorigioco attivo e passivo. “Essere in posizione di fuori giuoco, non costituisce di per sé un’infrazione punibile. Un calciatore sarà considerato in fuori-giuoco e punito per tale motivo solo se, nel momento in cui il pallone è toccato o giuocato da un suo compagno egli, a giudizio dell’arbitro, partecipa attivamente all’azione di gioco”.
Altro giro, altra corsa. Nel frattempo Sacchi smette di allenare mentre un certo Zeman, con il suo Foggia, stupisce l’Italia. Ma non si adatta. Dice “Io non cambio“. E in effetti non cambia, mentre la regola 11 continua ad essere modificata dall’IFAB. Agli assistenti viene richiesto di non alzare in caso di dubbio e una circolare avvisa che le braccia non sono più un elemento di valutazione. La svolta arriva nel 2013, quando il fuorigioco si trasforma, di fatto, da tattica difensiva in tattica offensiva. Per spiegazioni tecnico-tattiche chiedere, tanto per restare in patria, agli allenatori di Sampdoria e Empoli. Subentra la differenza tra deviazione e giocata del difensore. La giocata (il classico colpo di testa all’indietro) rimette in gioco l’attaccante. Servono difensori con i piedi caldi e la testa fredda. Chi ha un Thiago Silva gioca in 12, chi ha Neuer in porta pure. E ancora: agli assistenti viene chiesto di aspettare prima di andare su. Si chiama wait and see e significa valutare fino all’ultimo a chi finisce il pallone. Perché se caso mai quel pallone non finisse a Destro ma a Strootman allora quest’utlimo potrebbe rimettere in gioco destro con un passaggio orizzontale. A qualcuno sembra un controsenso, ma se lo scopo è vedere più gol, vi assicuro che ci siamo.
Ed io ad esaltarmi per una valutazione del guardalinee o, meglio, dell’assistente. A chiedermi se il giocatore davanti al portiere ostruisce la linea di visione e non il cono di visione. Buon compleanno fuorigioco, perché sei tu che rendi questo spettacolo unico nel suo genere. Con le tue evoluzioni, le tue contraddizioni, le verità assolute che non esistono e che anche quando vengono codificate non vengono accettate perché “si stava meglio prima” (se il gol lo subisce la tua squadra) oppure “ma lo sanno tutti che la regola è cambiata” (se il gol lo segna la tua). Io continuerò ad amarti, a parole (da giornalista) e nei fatti (da assistente). E sarò pronto a difenderti contro l’Inzaghi di turno, che gioca sulle tue debolezze, e aspetta il momento giusto per fregarti. Scherzo ovviamente, ma che sarebbe stato di Pippo senza di te?