“Nessuno muore sulla terra, finché vive nel cuore di chi resta”. Sono già passati 20 anni dalla morte di Ayrton Senna, pilota brasiliano che perse la vita durante un Gran Premio di Formula 1. Quel maledetto 1 maggio del 1994, di festa per il popolo italiano, trasformato, invece, in tragedia per il decesso di una persona carissima, che amava la vita come pochi e costretto a volare in cielo per una serie di coincidenze ancora mai chiarite del tutto. Alle 14.17, sul circuito di Imola, la Williams del pilota verdeoro, alla curva del “Tamburello”, perse il controllo, causa cedimento del piantone dello sterzo della monoposto che andò a schiantarsi contro il muro dell’autodromo emiliano.

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Le conseguenze del terribile impatto furono tragiche, con i soccorritori che assistettero Senna, ormai privo di conoscenza, che spirò alle 18.40 presso l’Ospedale Maggiore di Bologna. Le cause della morte sono da addebitare al forte trauma cranico provocato dal terrificante urto. Da quel momento in poi, non solo il mondo dei motori, ma lo sport in generale si fermò in segno di rispetto per la scomparsa di un uomo di 34 anni con la U maiuscola. In Italia, in Brasile, nel resto del globo, il dispiacere era immane, Senna rappresentava il buon esempio per tutti, dal più piccolo al più adulto, per la sua bontà.

I funerali di Ayrton Senna (LaPresse)
I funerali di Ayrton Senna (LaPresse)

Il 5 maggio dello stesso anno, la città di San Paolo si fermò per salutare per l’ultima volta il suo “eroe”. Una folla immensa di persone, quantificata in 3 milioni di unità, in lacrime, partecipò in religioso silenzio alla cerimonia funebre. Tanta commozione che ebbe un seguito durante i Mondiali di calcio che si disputarono negli Stati Uniti. Il Brasile, dopo la conquista della Coppa del Mondo ottenuta ai danni dell’Italia a Pasadena, volle ricordare Senna con uno striscione che recitava «Senna… aceleramos juntos, o tetra é nosso». La scritta «Senna…acceleriamo insieme, il titolo è nostro» fece commuovere ancora una volta un Paese che, nel calcio, trovò un piccolo sollievo, “utilizzato” per non pensare e ripensare al tragico schianto che aveva portato via una persona ricca di valori come lo sfortunato connazionale.

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Il momento più toccante, tuttavia, si registrò al rientro in patria della squadra brasiliana, con Dunga che aprì il portellone dell’aereo con la Coppa del Mondo in una mano e il casco di Senna nell’altra. Un gesto che fece capire il bene che ogni cittadino brasiliano voleva a Senna. In un’intervista di quattro anni fa, Roberto Baggio, autore del decisivo rigore fallito, dichiarò: “Mai avevo calciato un rigore sopra la traversa. Quel giorno, penso sia stato Ayrton Senna, dal cielo, a spingere il pallone verso l’alto. E’ stato lui a far vincere il Brasile”. Un’altra gioia, altre lacrime che Senna, da lassù, fece versare ai suoi compatrioti che non lo dimenticheranno mai.